Boia davvero, non vedo l'ora di sfiatacci addosso! Fai ammodo, saluta il tu fratello e la bandadaglidelgas ha scritto: ↑domenica 12 aprile 2020, 10:07Tranquillo prof, spero di poterti abbracciare presto sui gradoni!Negro 3.0 ha scritto: ↑domenica 12 aprile 2020, 9:55Eccolo, temevo per te, in quanto vecchiaccio!daglidelgas ha scritto: ↑sabato 11 aprile 2020, 21:03
Confermo che sono guariti, li conosco personalmente.![]()
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coronavirus
Moderatore: Pietrino
Grazie per questo contributoannibale ha scritto: ↑domenica 12 aprile 2020, 11:01 Visto che qui c'è pieno di esperti da divano di quelli che "amenonlasifa", riporto per intero una intervista, per me molto interessante, ad un medico del Fatebenefratelli di Milano tratta da Repubblica (sezione per abbonati). Se non altro non si potrà dire che non sa di cosa parla.
Da 5 anni lavora in Pronto soccorso e ora ha scelto la Covid Unit del Fatebenefratelli di Milano
DI PINO CORRIAS
MILANO - «All’inizio avevo paura. Ora no. Ti abitui alle regole di un ospedale in guerra, ti abitui a vivere nel terremoto che non smette di tremarti intorno, a essere frastornata dalle emergenze, a prendere una decisione al minuto, compresa la più terribile, chi puoi salvare e chi no. Io l’ho fatto e devo conviverci ogni notte».
Anche oggi Claudia Gabiati, quarantenne d’acciaio, ma con gli occhi verdi, gastroenterologa, 5 anni di Pronto Soccorso, altri 6 anni in corsia, scenderà nella Covid Unit del Fatebenefratelli, detta anche: la Trincea. Impiegherà venti muniti a spogliarsi, immunizzarsi, indossare la doppia tuta, la cuffia, i calzari, la mascherina, gli occhiali, la visiera, i doppi guanti, tutto quello che serve per entrare in sicurezza nel nuovo mondo, respirare la stessa aria del virus che ci ha cambiato la vita, seminando morte. E in quel mondo, coperta di plastiche, sudare sino a fine turno.
"Il mese più difficile della mia vita"
«Marzo è stato il mese più terribile della mia vita. Fronteggiavamo davvero l’invisibile. E l’invisibile ogni giorno, ogni notte, ci accerchiava di ammalati e morti. I letti di terapia intensiva non bastavano mai. L’ospedale all’inizio ne aveva trenta. Ne abbiamo aggiunti sedici dopo la prima settimana, buttando giù pareti in un tempo zero. Poi altri quaranta. Poi altri ventinove, cancellando la Pediatria. Ma non bastavano mai. E così capitava che dovendo scegliere tra un paziente settantenne, obeso, pieno di complicanze, e un altro che poteva farcela, sceglievi di intubare il secondo, lasciando andare il primo. Non è facile come dirlo. Ti consulti coi colleghi, rifai cento volte i calcoli, ragioni, litighi. Ma alla fine decidi. E quando hai deciso devi chiamare i familiari e raccontargli tutta la verità che possono sopportare».
«Nel mondo di prima, ogni paziente aveva una moglie, figli, genitori, c’era un rapporto che faceva bene a tutti. Oggi di loro sappiamo solo i nomi scritti sulla scheda. Vediamo a malapena le facce, infilate dentro i caschi che li isolano nel rumore costante della ventilazione. Sono soli. Catapultati dentro un mondo sconosciuto dove noi ci aggiriamo vestiti da astronauti, irriconoscibili. Ci guardano con gli occhi spalancati. Hanno paura. Una tremenda paura di non riuscire a fare il prossimo respiro. La loro paura ci contamina. La loro solitudine è la nostra».
Il virus veloce
«Il Covid è un virus velocissimo e cattivo. In tanti anni non ho mai visto infezioni polmonari così. Chi dice che è simile a tante altre influenze non sa di cosa sta parlando. Nei pazienti di prima le lastre mostravano uno o due addensamenti nei polmoni e il decorso era lento. Le polmoniti da coronavirus sono un’altra cosa, l’infezione è una macchia di inchiostro che cade e si diffonde. Ho visto pazienti che respiravano con qualche affanno e dopo un’ora non ci riuscivano più, completamente desaturati, in pericolo di vita. Mai vista una instabilità del genere».
«La verità è che ancora oggi non sappiamo bene come curarli. Non sappiamo quale farmaco funziona e quale no. Quello che facciamo è supportare le loro funzioni vitali in corsa contro il tempo. Li facciamo respirare. Li idratiamo. Li nutriamo. E intanto proviamo con gli antivirali, gli antimalarici. Magari con il cortisone. Magari con certi antibiotici. Ma la realtà è che chi ha la forza di guarire, guarisce, chi non ce la fa, muore. È tutto qui, per ora. Per questo è così importante la prevenzione, stare chiusi in casa, lavarsi, usare ogni cautela. Chi parla di riaprire tutto è matto».
"Dormo 4 ore a notte"
«Da otto settimane dormo quattro ore per notte. Come tutti al Fatebenefratelli, medici, infermieri, paramedici. Non so neanche se sogno o non sogno. Entro nei reparti alle sette e mezza, esco alle dieci di sera. A marzo ho fatto 160 ore di turno, più 114 ore di straordinari. Durante il turno non mangi, non bevi, parli a gesti e se devi fare pipì perdi mezzora a svestirti, lavarti, rivestirti, quindi te la tieni». «Tutti noi del reparto abbiamo colleghi e amici morti, oppure in terapia. Penso che più o meno tutti siamo stati infettati. Io credo di essermi ammalata a metà marzo. E di essere guarita dopo certi dolori alla schiena. Il tampone dice che sono negativa. Ma quando ci sarà tempo di fare le analisi degli anticorpi, scoprirò se l’ho avuta oppure no».
Resistere
«Questo è il tempo che ti tieni tutto dentro. Resisti. Ho la fortuna che a casa Luca, mio marito, cucina tutti i giorni per me. Prepara pesci e torte. Un amore. Solo che da due mesi viviamo, respiriamo e mangiamo a un metro di distanza, dormiamo in letti separati. L’ultima cosa che voglio è metterlo a rischio, non me lo perdonerei». «Da una settimana il terremoto ha rallentato. Lo spiraglio è che vediamo qualche letto libero. Ma la ricostruzione del mondo di prima sarà lentissima, un anno e anche di più. E quando arriverà il vaccino ci sarà l’intero mondo a mettersi in fila».
«Ho visto al telegiornale che ci applaudono dai palazzi. Mi ha commosso. Vorrei tenere questi applausi per il futuro e spenderli quando al Pronto soccorso ci urleranno, ci insulteranno. Oppure quando i prossimi governi ci taglieranno i reparti, gli ospedali, i corsi di laurea. Specie qui in Lombardia, dove per anni tutto andava alla sanità privata e le briciole a quella pubblica. Oggi ci chiamate eroi, benissimo, evviva, pero segnatevela ‘sta cosa e riparliamone quando ci sarà tempo».
Come sia sia ... siamo nella xxxxx
Pisa pesa il pepe al papa
...oh annibale, anche se sei un diversamente giovane, mi sembri un ber dorcione anco te...quest'intervista è parte del complotto...de oh, è Repubblica eh...capace è sponsorizzata da Soros o quarche su' amio...annibale ha scritto: ↑domenica 12 aprile 2020, 11:01 Visto che qui c'è pieno di esperti da divano di quelli che "amenonlasifa", riporto per intero una intervista, per me molto interessante, ad un medico del Fatebenefratelli di Milano tratta da Repubblica (sezione per abbonati). Se non altro non si potrà dire che non sa di cosa parla.
Da 5 anni lavora in Pronto soccorso e ora ha scelto la Covid Unit del Fatebenefratelli di Milano
DI PINO CORRIAS
MILANO - «All’inizio avevo paura. Ora no. Ti abitui alle regole di un ospedale in guerra, ti abitui a vivere nel terremoto che non smette di tremarti intorno, a essere frastornata dalle emergenze, a prendere una decisione al minuto, compresa la più terribile, chi puoi salvare e chi no. Io l’ho fatto e devo conviverci ogni notte».
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«Ho visto al telegiornale che ci applaudono dai palazzi. Mi ha commosso. Vorrei tenere questi applausi per il futuro e spenderli quando al Pronto soccorso ci urleranno, ci insulteranno. Oppure quando i prossimi governi ci taglieranno i reparti, gli ospedali, i corsi di laurea. Specie qui in Lombardia, dove per anni tutto andava alla sanità privata e le briciole a quella pubblica. Oggi ci chiamate eroi, benissimo, evviva, pero segnatevela ‘sta cosa e riparliamone quando ci sarà tempo».
...è un complotto...più o meno come quando ir Pisa perde una partita fondamentale...o un ripescaggio...si vive in mezzo ai complotti...la corpa è sempre di quarcun artro che ce l'ha con noi (il noi varia a seconda dell'evento, se locale o nazionale)...
...di scangìo noto che poi, spesso, chi ha quest'impostazione sono anche quelli in prima linea a dare dell'incompetenti ai Corrado, fino a marzo dell'anno scorso (oddio, qualche rata di incompetenza se la son presa anche quest'anno)...che 'un ne indovinavano mezza...è il faccaismo bellezza, applicato ai tempi del coronavirus...
Il tifoso deve essere consapevole che di calcio capisce poco (chi l'ha detto 'un me lo riordo, ma è vero)
Ti ringrazio del riferimento e mi sono segnato l'ultimo comma....annibale ha scritto: ↑domenica 12 aprile 2020, 11:01 Visto che qui c'è pieno di esperti da divano di quelli che "amenonlasifa", riporto per intero una intervista, per me molto interessante, ad un medico del Fatebenefratelli di Milano tratta da Repubblica (sezione per abbonati). Se non altro non si potrà dire che non sa di cosa parla.
Da 5 anni lavora in Pronto soccorso e ora ha scelto la Covid Unit del Fatebenefratelli di Milano
DI PINO CORRIAS
MILANO - «All’inizio avevo paura. Ora no. Ti abitui alle regole di un ospedale in guerra, ti abitui a vivere nel terremoto che non smette di tremarti intorno, a essere frastornata dalle emergenze, a prendere una decisione al minuto, compresa la più terribile, chi puoi salvare e chi no. Io l’ho fatto e devo conviverci ogni notte».
Anche oggi Claudia Gabiati, quarantenne d’acciaio, ma con gli occhi verdi, gastroenterologa, 5 anni di Pronto Soccorso, altri 6 anni in corsia, scenderà nella Covid Unit del Fatebenefratelli, detta anche: la Trincea. Impiegherà venti muniti a spogliarsi, immunizzarsi, indossare la doppia tuta, la cuffia, i calzari, la mascherina, gli occhiali, la visiera, i doppi guanti, tutto quello che serve per entrare in sicurezza nel nuovo mondo, respirare la stessa aria del virus che ci ha cambiato la vita, seminando morte. E in quel mondo, coperta di plastiche, sudare sino a fine turno.
"Il mese più difficile della mia vita"
«Marzo è stato il mese più terribile della mia vita. Fronteggiavamo davvero l’invisibile. E l’invisibile ogni giorno, ogni notte, ci accerchiava di ammalati e morti. I letti di terapia intensiva non bastavano mai. L’ospedale all’inizio ne aveva trenta. Ne abbiamo aggiunti sedici dopo la prima settimana, buttando giù pareti in un tempo zero. Poi altri quaranta. Poi altri ventinove, cancellando la Pediatria. Ma non bastavano mai. E così capitava che dovendo scegliere tra un paziente settantenne, obeso, pieno di complicanze, e un altro che poteva farcela, sceglievi di intubare il secondo, lasciando andare il primo. Non è facile come dirlo. Ti consulti coi colleghi, rifai cento volte i calcoli, ragioni, litighi. Ma alla fine decidi. E quando hai deciso devi chiamare i familiari e raccontargli tutta la verità che possono sopportare».
«Nel mondo di prima, ogni paziente aveva una moglie, figli, genitori, c’era un rapporto che faceva bene a tutti. Oggi di loro sappiamo solo i nomi scritti sulla scheda. Vediamo a malapena le facce, infilate dentro i caschi che li isolano nel rumore costante della ventilazione. Sono soli. Catapultati dentro un mondo sconosciuto dove noi ci aggiriamo vestiti da astronauti, irriconoscibili. Ci guardano con gli occhi spalancati. Hanno paura. Una tremenda paura di non riuscire a fare il prossimo respiro. La loro paura ci contamina. La loro solitudine è la nostra».
Il virus veloce
«Il Covid è un virus velocissimo e cattivo. In tanti anni non ho mai visto infezioni polmonari così. Chi dice che è simile a tante altre influenze non sa di cosa sta parlando. Nei pazienti di prima le lastre mostravano uno o due addensamenti nei polmoni e il decorso era lento. Le polmoniti da coronavirus sono un’altra cosa, l’infezione è una macchia di inchiostro che cade e si diffonde. Ho visto pazienti che respiravano con qualche affanno e dopo un’ora non ci riuscivano più, completamente desaturati, in pericolo di vita. Mai vista una instabilità del genere».
«La verità è che ancora oggi non sappiamo bene come curarli. Non sappiamo quale farmaco funziona e quale no. Quello che facciamo è supportare le loro funzioni vitali in corsa contro il tempo. Li facciamo respirare. Li idratiamo. Li nutriamo. E intanto proviamo con gli antivirali, gli antimalarici. Magari con il cortisone. Magari con certi antibiotici. Ma la realtà è che chi ha la forza di guarire, guarisce, chi non ce la fa, muore. È tutto qui, per ora. Per questo è così importante la prevenzione, stare chiusi in casa, lavarsi, usare ogni cautela. Chi parla di riaprire tutto è matto».
"Dormo 4 ore a notte"
«Da otto settimane dormo quattro ore per notte. Come tutti al Fatebenefratelli, medici, infermieri, paramedici. Non so neanche se sogno o non sogno. Entro nei reparti alle sette e mezza, esco alle dieci di sera. A marzo ho fatto 160 ore di turno, più 114 ore di straordinari. Durante il turno non mangi, non bevi, parli a gesti e se devi fare pipì perdi mezzora a svestirti, lavarti, rivestirti, quindi te la tieni». «Tutti noi del reparto abbiamo colleghi e amici morti, oppure in terapia. Penso che più o meno tutti siamo stati infettati. Io credo di essermi ammalata a metà marzo. E di essere guarita dopo certi dolori alla schiena. Il tampone dice che sono negativa. Ma quando ci sarà tempo di fare le analisi degli anticorpi, scoprirò se l’ho avuta oppure no».
Resistere
«Questo è il tempo che ti tieni tutto dentro. Resisti. Ho la fortuna che a casa Luca, mio marito, cucina tutti i giorni per me. Prepara pesci e torte. Un amore. Solo che da due mesi viviamo, respiriamo e mangiamo a un metro di distanza, dormiamo in letti separati. L’ultima cosa che voglio è metterlo a rischio, non me lo perdonerei». «Da una settimana il terremoto ha rallentato. Lo spiraglio è che vediamo qualche letto libero. Ma la ricostruzione del mondo di prima sarà lentissima, un anno e anche di più. E quando arriverà il vaccino ci sarà l’intero mondo a mettersi in fila».
«Ho visto al telegiornale che ci applaudono dai palazzi. Mi ha commosso. Vorrei tenere questi applausi per il futuro e spenderli quando al Pronto soccorso ci urleranno, ci insulteranno. Oppure quando i prossimi governi ci taglieranno i reparti, gli ospedali, i corsi di laurea. Specie qui in Lombardia, dove per anni tutto andava alla sanità privata e le briciole a quella pubblica. Oggi ci chiamate eroi, benissimo, evviva, pero segnatevela ‘sta cosa e riparliamone quando ci sarà tempo».
Gnamooooooooooo Claudiaaaaaaaaaaaaaa
Buona Pasqua a tutti...
Team vincenti condividono gli stessi principi: Spinta maniacale all’eccellenza,
Impegno vs una “causa comune”, Fiducia, Comunicazione chiara, Responsabilità, Integrità, Umiltà, Lavoro di Squadra.
In Pratica niente teste di cazzo.
Impegno vs una “causa comune”, Fiducia, Comunicazione chiara, Responsabilità, Integrità, Umiltà, Lavoro di Squadra.
In Pratica niente teste di cazzo.
Faccio una scommessa:
Volete scommette che in un modo o nella altro ne usciremo? Qualcuno meglio, qualcuno peggio, ma ne usciremo?
Poi venitemi a di che un ve l avevo detto!
Volete scommette che in un modo o nella altro ne usciremo? Qualcuno meglio, qualcuno peggio, ma ne usciremo?
Poi venitemi a di che un ve l avevo detto!
La compensazione sai, è come il vento; che fa dimenticare chi ci arbitra
De, anche perché se un se ne esce nessuno potrà dirti nulla (essendo tutti schiantati)
Ne usciremo meglio e più forti di prima.
Due o tre giocatori e azzeccati e poi se ne riparla.
Due o tre giocatori e azzeccati e poi se ne riparla.
Solo per la paglia.
...incoraggiante, non c'è che dire...cmq, intervista utile anche per quelli che pensano che noi siamo sempre scemi e inetti, e l'artri furbi...
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/ ... P2-S2.4-T1
"Questo virus è davvero particolare. Ci siamo accorti che la durata di vita degli anticorpi protettori contro il Covid-19 è molto breve. E osserviamo sempre più casi di recidiva in persone che hanno già avuto una prima infezione".
Quindi nessuno è davvero protetto contro il coronavirus, neppure chi si è già ammalato?
"Sembra così. E' per questo che il nostro comitato non raccomanda più la patente immunitaria, una sorta di lasciapassare per chi ha avuto una prima infezione".
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/ ... P2-S2.4-T1
"Questo virus è davvero particolare. Ci siamo accorti che la durata di vita degli anticorpi protettori contro il Covid-19 è molto breve. E osserviamo sempre più casi di recidiva in persone che hanno già avuto una prima infezione".
Quindi nessuno è davvero protetto contro il coronavirus, neppure chi si è già ammalato?
"Sembra così. E' per questo che il nostro comitato non raccomanda più la patente immunitaria, una sorta di lasciapassare per chi ha avuto una prima infezione".
Il tifoso deve essere consapevole che di calcio capisce poco (chi l'ha detto 'un me lo riordo, ma è vero)
Ci sta che i cinesi che hanno riaperto Wuhan non capiscano una sega
ma anche fosse vero, sicuramente lo sarà: cioè, non è che possiamo rimanere chiusi in casa fino al vaccino, via.
a un certo punto questa situazione deve essere 'normalizzata', le misure massimaliste portano esiti troppo inefficaci: e non parlo in soli termini economici, ma anche psichici.
bisognerebbe un po' cominciare a 'ripigliarsi', imparare a vivere con nuove abitudini, ma comunque a vivere 'oltre' le 4 mura domestiche.
a un certo punto questa situazione deve essere 'normalizzata', le misure massimaliste portano esiti troppo inefficaci: e non parlo in soli termini economici, ma anche psichici.
bisognerebbe un po' cominciare a 'ripigliarsi', imparare a vivere con nuove abitudini, ma comunque a vivere 'oltre' le 4 mura domestiche.
HO CAMBIATO LA FIRMA MA NON DIMENTICO
Ma direi